Ben ritrovati a tutti!
Dopo
aver trattato il cambio manuale oggi, sempre per quanto riguarda gli organi di
trasmissione, trattiamo il cambio automatico ed il cambio sequenziale.
Nella sua variante
automatica, il cambio di velocità non necessita nessun intervento da parte del
guidatore, né sul pedale della frizione – che pertanto è assente- né sulla leva
del cambio sostituita da un selettore con semplici funzioni quali “avanti”,
“indietro” e “parcheggio”.
I primi cambio automatici
furono brevettati a cavallo tra gli anni trenta e quaranta e presentavano solo
quattro rapporti, mentre il primo cambio automatico idraulico con solo da due a
tre rapporti fu proposto dal gruppo GM nei primi anni cinquanta negli Stati
Uniti. Negli anni ottanta il salto tecnologico ha portato la quinta marcia nei
cambi automatici con i ben noti vantaggi in termini di prestazioni e
rendimenti, mentre negli anni novanta e duemila la maggior parte del controllo
della variazione del rapporto di trasmissione è passata in mano all’elettronica
anche con l’aiuto di centraline e computer di bordo sempre più performanti.
Dopo qualche doveroso cenno
storico, entriamo nel dettaglio e vediamo quali sono le principali caratteristiche
di un cambio automatico. Esso si compone di tre alberi (primario, secondario e
ausiliario) più quello della retromarcia.
Dal punto di vista
costruttivo, le principali differenza rispetto alla variante manuale non stanno
tanto nella struttura del dispositivo, quanto più nei componenti. Il cambio
automatico, infatti, non presenta la frizione, ma un convertitore di coppia, inoltre
le ruote dentate sono dei rotismi epicicloidali e presenta anche un altro elemento,
l’attuatore.
Il convertitore di coppia è
una macchina idraulica (macchina che trasforma l’energia cinetica di un fluido
liquido in energia meccanica) in grado di trasmettere la potenza fra due alberi
coassiali in modo variabile modificando coppia e regime di rotazione, stesso
compito della frizione nel cambio manuale. È una specie di cambio a infiniti
rapporti con il limite tecnico di poter triplicare al massimo la coppia. Esso produce
una piccola variazione di coppia anche quando il motore è al minimo, ma
trattasi di piccole entità che possono essere annullate dall’azione dei freni,
motivo per cui quando si è fermi in pianura occorre tenere premuto il pedale
del freno.
Un limite dei convertitori
di coppia sta nella presenza inevitabile di uno slittamento fra la parte
collegata al motore e la parte collegata al cambio e questo comporta perdite di
potenza e risposte meno pronte dell’acceleratore.
Una particolarità presente nelle
auto dotate di cambio automatico è la funzione parcheggio indicata quasi sempre
con la lettera “P” sul selettore; questa è una conseguenza del convertitore di
coppia. Infatti, mentre nelle auto con cambio manuale lasciando la marcia
inserita a motore fermo si ottiene il bloccaggio delle ruote, nel cambio
automatico non si ha nessun collegamento rigido tra cambio e motore perché
essendo il fluido a riposo esso non può esercitare nessuna forza tra le parti e
di conseguenza le ruote dell’autoveicolo sono libere. Spostando il selettore su
“P”, la trasmissione viene bloccata meccanicamente con un perno.
Il convertitore di coppia
infine trasferisce il moto dal motore al sistema di rotismi epicicloidali. Con
questo termine si intende un sistema formato da un ingranaggio centrale (detto
planetario, ovvero la ruota dentata con minori dimensioni di tutto il complesso
sulla quale agiscono i satelliti) coassiale con la corona (ovvero la ruota con
dimensioni maggiori in un complesso di due ruote dentate in presa) a dentatura
interna alla quale sono collegati i satelliti (ovvero ingranaggi cilindrici
installati in modo folle sui loro perni). Il loro fine è quello di trasmettere
il moto con differenti rapporti di riduzione tra due alberi coassiali senza
invertire il senso di rotazione.
La vera “mente”, però, del
cambio automatico è l’attuatore, ovvero una scatola metallica in cui sono
realizzati dei canali nei quali scorre olio aspirato da un’apposita pompa
collegata al motore.
L’immissione di questo olio,
lo stesso presente nel convertitore di coppia, è gestita da una valvola detta
regolatore la cui apertura è direttamente proporzionale alla velocità di
rotazione della trasmissione.
Il cambio rapporto è dovuta
ad un bilanciamento di pressioni
presenti in valvole e pistoni messe in comunicazione da un lato con l’olio del
regolatore e con l’altro con l’aria del condotto di aspirazione. Il pistone,
ovviamente, si sposterà nella direzione in cui è presente maggiore pressione e
quindi maggiore forza, facendo di fatto passare l’olio solo in alcuni canali
dell’attuatore. Questo olio, infine, andrà ad agire sui ruotismi epicicloidali
determinando il rapporto di trasmissione.
Per comprendere bene il
funzionamento si può immaginare che l’aria presente sul pistone agisce per
passare al rapporto superiore, mentre l’olio per mantenere il rapporto
innestato o passare al rapporto più basso. Nella figura sottostante è possibile vedere un'immagine di cambio automatico collegato al selettore.
Cambio automatico |
Una variante importante del
cambio automatico è il CVT, acronimo di Continuously Variable Trasmission,
ossia cambio con variazione continua del rapporto di trasmissione. Con questo
tipo di cambio si può passare dalla marcia più corta a quella più lunga
attraverso una gamma infinita di rapporti intermedi. Questo ha l’indubbio
vantaggio di un miglior comfort di marcia non essendoci salti tra una marcia e
l’altra con conseguenti accelerazioni che avvengono senza strappi e
contraccolpi. Inoltre con l’ampia gamma di rapporti si possono avere una prima
marcia corta per gli spunti in città ed una quinta marcia molto lunga, quasi
una sesta per ridurre i consumi. Il punto debole di un CVT risiede nella
rumorosità del motore. Elettronica e motori più innovativi riduranno questo inconveniente per incentivare la produzione e la dotazione di cambi CVT. Nell'immagine seguente è possibile vedere una sezione di un cambio CVT montato sulla Mini Cooper.
Cambio automatico CVT |
Concludiamo questo post
spendendo alcune parole sul cambio sequenziale. Sequenziale può essere
qualsiasi trasmissione in cui le marce vengono innestate una dopo l’altra sia a
salire che a scendere. Viene spontaneo pensare ali cambi delle moto quali
esempi emblematici di cambi sequenziali.
Nelle auto vetture dotate di
cambio sequenziale di solito sono presenti due leve, una per salire di marcia,
l’altra per diminuire, oppure una sola vincolata ad andare avanti ed indietro tornando nella sua posizione di riposo dopo essere stata azionata.
Nell'immagine sottostante compaiono le leve per gestire un cambio sequenziale. L'immagine si riferisce ad una BMW Z4.
Leve cambio sequenzi |
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