lunedì 31 gennaio 2011

Organi di trasmissione: il cambio automatico e sequenziale


Ben ritrovati a tutti!
 Dopo aver trattato il cambio manuale oggi, sempre per quanto riguarda gli organi di trasmissione, trattiamo il cambio automatico ed il cambio sequenziale.
 Nella sua variante automatica, il cambio di velocità non necessita nessun intervento da parte del guidatore, né sul pedale della frizione – che pertanto è assente- né sulla leva del cambio sostituita da un selettore con semplici funzioni quali “avanti”, “indietro” e “parcheggio”.
 I primi cambio automatici furono brevettati a cavallo tra gli anni trenta e quaranta e presentavano solo quattro rapporti, mentre il primo cambio automatico idraulico con solo da due a tre rapporti fu proposto dal gruppo GM nei primi anni cinquanta negli Stati Uniti. Negli anni ottanta il salto tecnologico ha portato la quinta marcia nei cambi automatici con i ben noti vantaggi in termini di prestazioni e rendimenti, mentre negli anni novanta e duemila la maggior parte del controllo della variazione del rapporto di trasmissione è passata in mano all’elettronica anche con l’aiuto di centraline e computer di bordo sempre più performanti.
 Dopo qualche doveroso cenno storico, entriamo nel dettaglio e vediamo quali sono le principali caratteristiche di un cambio automatico. Esso si compone di tre alberi (primario, secondario e ausiliario) più quello della retromarcia.
 Dal punto di vista costruttivo, le principali differenza rispetto alla variante manuale non stanno tanto nella struttura del dispositivo, quanto più nei componenti. Il cambio automatico, infatti, non presenta la frizione, ma un convertitore di coppia, inoltre le ruote dentate sono dei rotismi epicicloidali e presenta anche un altro elemento, l’attuatore.
 Il convertitore di coppia è una macchina idraulica (macchina che trasforma l’energia cinetica di un fluido liquido in energia meccanica) in grado di trasmettere la potenza fra due alberi coassiali in modo variabile modificando coppia e regime di rotazione, stesso compito della frizione nel cambio manuale. È una specie di cambio a infiniti rapporti con il limite tecnico di poter triplicare al massimo la coppia. Esso produce una piccola variazione di coppia anche quando il motore è al minimo, ma trattasi di piccole entità che possono essere annullate dall’azione dei freni, motivo per cui quando si è fermi in pianura occorre tenere premuto il pedale del freno.
 Un limite dei convertitori di coppia sta nella presenza inevitabile di uno slittamento fra la parte collegata al motore e la parte collegata al cambio e questo comporta perdite di potenza e risposte meno pronte dell’acceleratore.
Una particolarità presente nelle auto dotate di cambio automatico è la funzione parcheggio indicata quasi sempre con la lettera “P” sul selettore; questa è una conseguenza del convertitore di coppia. Infatti, mentre nelle auto con cambio manuale lasciando la marcia inserita a motore fermo si ottiene il bloccaggio delle ruote, nel cambio automatico non si ha nessun collegamento rigido tra cambio e motore perché essendo il fluido a riposo esso non può esercitare nessuna forza tra le parti e di conseguenza le ruote dell’autoveicolo sono libere. Spostando il selettore su “P”, la trasmissione viene bloccata meccanicamente con un perno.
 Il convertitore di coppia infine trasferisce il moto dal motore al sistema di rotismi epicicloidali. Con questo termine si intende un sistema formato da un ingranaggio centrale (detto planetario, ovvero la ruota dentata con minori dimensioni di tutto il complesso sulla quale agiscono i satelliti) coassiale con la corona (ovvero la ruota con dimensioni maggiori in un complesso di due ruote dentate in presa) a dentatura interna alla quale sono collegati i satelliti (ovvero ingranaggi cilindrici installati in modo folle sui loro perni). Il loro fine è quello di trasmettere il moto con differenti rapporti di riduzione tra due alberi coassiali senza invertire il senso di rotazione.
 La vera “mente”, però, del cambio automatico è l’attuatore, ovvero una scatola metallica in cui sono realizzati dei canali nei quali scorre olio aspirato da un’apposita pompa collegata al motore.
L’immissione di questo olio, lo stesso presente nel convertitore di coppia, è gestita da una valvola detta regolatore la cui apertura è direttamente proporzionale alla velocità di rotazione della trasmissione.
 Il cambio rapporto è dovuta ad un bilanciamento di  pressioni presenti in valvole e pistoni messe in comunicazione da un lato con l’olio del regolatore e con l’altro con l’aria del condotto di aspirazione. Il pistone, ovviamente, si sposterà nella direzione in cui è presente maggiore pressione e quindi maggiore forza, facendo di fatto passare l’olio solo in alcuni canali dell’attuatore. Questo olio, infine, andrà ad agire sui ruotismi epicicloidali determinando il rapporto di trasmissione.
 Per comprendere bene il funzionamento si può immaginare che l’aria presente sul pistone agisce per passare al rapporto superiore, mentre l’olio per mantenere il rapporto innestato o passare al rapporto più basso. Nella figura sottostante è possibile vedere un'immagine di cambio automatico collegato al selettore.

Cambio automatico

 Una variante importante del cambio automatico è il CVT, acronimo di Continuously Variable Trasmission, ossia cambio con variazione continua del rapporto di trasmissione. Con questo tipo di cambio si può passare dalla marcia più corta a quella più lunga attraverso una gamma infinita di rapporti intermedi. Questo ha l’indubbio vantaggio di un miglior comfort di marcia non essendoci salti tra una marcia e l’altra con conseguenti accelerazioni che avvengono senza strappi e contraccolpi. Inoltre con l’ampia gamma di rapporti si possono avere una prima marcia corta per gli spunti in città ed una quinta marcia molto lunga, quasi una sesta per ridurre i consumi. Il punto debole di un CVT risiede nella rumorosità del motore. Elettronica e motori più innovativi riduranno questo inconveniente per incentivare la produzione e la dotazione di cambi CVT. Nell'immagine seguente è possibile vedere una sezione di un cambio CVT montato sulla Mini Cooper.

Cambio automatico CVT

 Concludiamo questo post spendendo alcune parole sul cambio sequenziale. Sequenziale può essere qualsiasi trasmissione in cui le marce vengono innestate una dopo l’altra sia a salire che a scendere. Viene spontaneo pensare ali cambi delle moto quali esempi emblematici di cambi sequenziali.

 Nelle auto vetture dotate di cambio sequenziale di solito sono presenti due leve, una per salire di marcia, l’altra per diminuire, oppure una sola vincolata ad andare avanti ed indietro tornando nella sua posizione di riposo dopo essere stata azionata.
 Nell'immagine sottostante compaiono le leve per gestire un cambio sequenziale. L'immagine si riferisce ad una BMW Z4.



Leve cambio sequenzi





                                                                         


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